.. lo dico subito, i B.O.C. per me sono stati importantissimi, confesso che da oltre 30 anni continuo, quasi incoscientemente, a disegnarne il logo dove posso. Acquistai Spectres nel 77 (avevo 12 anni) dai due fratelli di D'Avenia a Via de Mille e da li in poi molte cose cambiarono per me .. :-)
uno dei brani meno acclamati ma più belli .. almeno per me, tratto dall'album d'esordio del 1972
Assistere nel 2008 ad un live di B.O.C. è un privilegio assoluto ... chiamate Concerteria per i biglietti ma affrettatevi, la stazione della birra NON è Wembley Arena!
UN PO' DI STORIA:
I Blue Oyster Cult furono un gruppo costruito a tavolino a fine anni 60, nel newyorkese, dal critico rock, allora studente collegiale, Sandy Pearlman. Questi li lancerà , produrrà i loro album, comporrà gran parte dei loro brani. Fu lui a volere un gruppo a "tema" e che il tema di questo gruppo fossero oscure e orrorose ambientazioni tra fantasmi, extraterrestri e fenomeni paranormali. Pearlman (che nella sua lunga carriera di produttore si dedicherà anche al secondo album dei Clash, "Give 'em Enough Rope", a "Medicine Show" dei Dream Syndicate, al capolavoro dei Dictators "Dictators Go Girl Crazy", all'esordio dei Pavlov's Dog) cercò di sfondare puntando sulla originalità : in particolare ebbe l'ottima intuizione di reagire alla retorica del tardo "power of flowers", piuttosto che con l'introspezione cantautorale, il virtuosismo sperimentale o l'hard-rock spavaldo, con il lato più misterioso della vita, quello confinante con non meglio precisate presenze extraterrestri e interrelato a individuarne i loro eventuali influssi nell'apparentemente tranquilla mondanità . Quella della trasfigurazione dark e della sistematica tematizzazione di questa, era un'operazione già avanzata in Inghilterra dai Black Sabbath. Pearlman la smussò e imborghesì, per renderla fruibile a un pubblico meno estremista, meno giovane e in grado di apprezzare il rock solo come un divertimento o passatempo, e non come esperienza vitale.
Tecnicamente i Blue Oyster Cult proposero un garage-blues alla Cream: una sorta di post-hard-rock fatto con il proto-hard-rock. Lo fecero all'inizio dei 70 quando siamo già alla seconda generazione hard-rock, quella degli Aerosmith.
L'influenza dei Blue Oyster Cult sarà enorme, anche se non avranno alcun vero e proprio epigone: proponendo un'originale e poco battuta versione dell'hard-rock, tematizzando (con Alice Cooper e pochi altri) un genere che non ha filoni, ma solo due o tre obiettivi referenziali imprescindibili (sesso, divertimento, musica), otterranno proseliti sia tra le frange più "intellettuali" degli hard-rocker, sia tra quelle meno chiuse, per opposti motivi, del pop e del metal. I complessi che si rifaranno a loro espedienti, lo faranno sia per le tematiche e i testi visionari, sia per un sostanziale, "garbato" e trasognato approccio all'esecuzione, sia, più in specifico, per varie trovate, soprattutto quelle delle tastiere (in pratica il corrispettivo della chitarra doom di Toni Iommi). Inoltre, i Blue Oyster Cult rinnovarono la canzone hard-rock, complicandone sinfonicamente la struttura; ma in pratica la loro musica non è hard-rock (in senso tradizionale).
Gli album:
Di Blue Oyster Cult (1972) si può parlare, ma nessun brano è da ricordare: basti dire che tecnicamente e tematicamente il gruppo, fin da questa prima prova, enuclea già tutto quello di cui sarà capace. Il problema per metà è di non essere riuscito a fare una buona canzone (in quello che sarà il "suo" genere), per l'altra metà di aver copiato impacciatamente (siamo in un'altra epoca!) stralci ora di Cream, ora di Deep Purple, ora di Yardbirds.
Secret Treaties (1974) presenta i soliti 8 brani, per i soliti 38 minuti; meno extraterrestre ed oscuro del primo album, vanta maggior varietà , e sarebbe la varietà , nel complesso, mediocre (vedi il brano di Patti Smith, "Career of evil", pessimo come tutti quelli che scriverà per il marito) del primo lavoro, se non fosse per due brani, due capolavori assoluti e un ottimo spunto, "Subhuman", che lascia l'ambientazione extraterrestre, per tratti più tribali e coloniali, in un'elegante alienazione e commovente riflessione sulle vite umane.I due capolavori che seguono sono tra i vertici del rock tutto: "Flaming telephants" sono 5 minuti di commozione dove tutte le corde nere (l'extraterrestre) e bianche (la commozione terrestre), tipiche dei Blue Oyster Cult, vengono portate al massimo dei loro toni, tra ombre e luci in una costante elegia per nulla retorica o melensa eppur tutta interiore; con la fragilità di un animo adolescenziale. "Astronomy" sta alla precedente come l'epica alla lirica; senza dubbio il miglior brano dei Blue Oyster Cult: non a caso i Metallica ne faranno una cover. Formalmente dovrebbe essere una ballata hard-rock, ma lo è come una splendida scultura dovrebbe essere materialmente un pezzo di marmo. O rifonda il genere o, più giustamente, è un unicum come la "Bohemian Rhapsody" dei Queen (uscita proprio lo stesso anno).
Senza voler stabilire cause ed effetti, i Blue Oyster Cult, per tutto il resto degli anni 70 faranno due cose: 1. album uno più inutile e meno artistico dell'altro, secondo gli stilemi di un melenso arena-rock appena intriso del loro tipico misticismo (Agents Of Fortune nel 1976, Spectres nel 1977, Mirrors nel 1979, Cultosaurus Erectus,1980); 2. raggiungeranno una certa popolarità riempiendo stadi e vendendo, finalmente, i loro dischi.
Il 1981 fu un miracolo: dal gruppo, che per la prima volta cambia formazione, viene estromesso Albert Bouchard. Dopo due dischi inutili The Revolution By Night (1984) e Club Ninja (1986), il gruppo si scioglie.
Nel 1988, un altro miracolo. Sarà l'ultimo. Con una formazione splendidamente al completo e definitivamente guidata da Albert Bouchard e Pearlman. All'interno dei loro stilemi, cambiano ancora approccio; ne viene fuori un decadentismo che amplia (anche nella lunghezza dei brani) le atmosfere di Fire Of Unknown Origin, spostandole dalla prevalenza dell'intimismo di questo a quella più universale e oggettiva di Secret Treaties. L'opera, che non è propriamente un album, ma una raccolta di inediti e versioni alternative, presenta quattro capolavori tanto d'atmosfera quanto di sentimento. "In the presence of another wolrld", dopo uno scorato e spaziale intro tastiere-voce, vede irrompere le migliori chitarre arena-rock che si possono immaginare, con grandi quantità di evocazione profuse ovunque in tutto lo snodarsi della lunga e variegata composizione, piena di nostalgiche e riflessive armonie. "Del rio's song" è un'affascinante rilettura in chiave dark di atmosfere esotico-brasialiane. Quello infantile-dark diventa un vocabolario capace di tradurre ogni situazione o stato; diventa universale e forse così più prezioso. "The siege and the investiture of barion von Frankestein's castle at Weisseria" rappresenta il capolavoro nel capolavoro: il miglior brano dei Blue Oyster Cult insieme ad "Astronomy" (considerando "Joan Crawford" e "Sole survivor" due primizie per intenditori): la dimensione arena viene supremamente trasfigurata in un corale tutto tinte espressioniste, fantastiche e volte alla comunicatività sentimentale. Quello che Agents Of Fortune non era riuscito a essere. Bloom fa un'inaudita prova alla voce, raggiungendo altezze (tanto in termini di timbro quanto di espressività ) mai sentite. "Magna of illusion" rischia quasi di bissare quel vertice; ritmo zoppicante, sempre fascinoso, armonia attanagliante, ma sempre nel raffinato. Sa di molte cose da raccontare, di molta voglia di sentirle. Per il genere, per l'arena-rock, quest'album rappresenta il massimo.